Le Filande
A ponente sorgeva la filanda di Angelo Erba, in funzione del 1º
giugno al 23 settembre, che lavorava 1200 miriagrammi di bozzoli. Anche questa
filanda è menzionata nei dati catastali del 1856 al mappale 55 b sito nella
"Contrada di Borgo nuovo", attuale via Pio IX. L'edificio è indicato quale
"Casa nuova ultimata e resa abitabile all'aprile 1854" costituita da cinque
locali a piano terreno "per uso filatojo" e da un "incannatorio". A meridione
erano invece localizzate altre due filande menzionate sia nel documento del
1863 che nei dati catastali del 1856. Di proprietà di Giuseppe Ghezzi e di
Francesco Ferrario, erano entrambe dotate di 28 bacinelle a fuoco. Il metodo
di attivazione utilizzato nelle filande locali è confermato dai dati
catastali con l'indicazione, relativa al territorio: "Opifici ad acqua non ve
ne sono". La filanda Ghezzi, in attività dal 10 giugno al 26 settembre
per la lavorazione di 600 miriagrammi di bozzoli, era posta nella "Contrada
di Milano", attuale via XX settembre, a ridosso della piccola chiesa di
S.Maria. Indicata nel catasto lombardo veneto al mappale 6 quale "Casa
ultima e resa abitabile nel Novembre 1840" comprendeva, oltre a diversi
ambienti, un portico in nove arcate "per uso filanda", un "locale per
filatojo da seta in cinque piani" e due gallettiere. L'immobile è ancora
esistente.
Verso ovest, al mappale 17 a del catasto Lombardo veneto, sorgeva invece
la filanda Ferrario, demolita per far posto ad un moderno edificio.
L'opificio aveva acesso dalla "Contrada S. Marcellina" nella sua parte
meridionale e lavorava, dal 3 giugno al 26 settembre, 1200 miriagrammi di
bozzoli. Il documento catastale ne indica anche gli anni di edificazione:
tra il 1842 e il 1849. Di portata scarsamente rilevante era l'attività della
filanda di Francesco Alberti che, con 9 bacinelle, lavorava tra l'8
giugno e il 10 settembre 300 miriagrammi di bozzoli. L'Alberti non compare
nelle intestazioni catastali del 1856; viene però menzionato negli anni 1869,
1870 e 1872 in relazione all'acquisto di terreni e, soprattutto, di immobili
siti nel centro abitato rilevati dall'avvocato Alessandro Sormani. Di
particolare interesse agli effetti della locazione della filanda, è
l'acquisto del mappale 240, corrispondente al giardino della Villa Fusi
Crivelli, avvenuto il 5 luglio 1870. Su tale area tuttora sorge un edificio
di modeste dimensioni, sicuramente posteriore al 1856, che presenta elementi
strutturali assimilabili alla tipologia industriale. L'edificio, forse
identificabile con la filanda Alberti, versa ora in grave stato di
abbandono.
Da un successivo documento dell'Archivio Municipale di Carugate emerge la
situazione relativa all'occupazione nelle filande locali nel 1927. Solo la
filanda di Angelo Erba prosegue la sua attività fino a tale data, data
in cui vi risultano occupati 81 operai. Sono invece menzionati due opifici di
nuova intestazione: le "Industrie per la trattura della seta" dei
Fratelli Prina di Tremolada e Tesini & Malvezzi che occupavano
una manodopera di ben 136 e 117 unità rispettivamente. Il Tornaghi, oltre
alle filande Riva e Erba, ne menziona una di proprietà Vismara sita
nell'antica "Contrada di Milano", senza peraltro specificare il periodo di
attività. In base alla localizzazione, penso possa essere identificabile con
la filanda Ghezzi attestata dal documento comunale del 1836. Dopo il 1927
non ho reperito alcuna documentazione relativa all'attività di filande in
Carugate; rimangono peraltro elenchi dei produttori di bozzoli e delle
denunce presentate degli stessi da cui emerge quanto l'allevamento dei bachi
da seta fosse diffuso sul territorio ed in particolare nelle cascine:
Mirabello, Fidelina, Giussana e Cascinello. I documenti successivi al 1935
non riportano alcuna notizia neppure sull'allevamento del baco da seta che,
già a tale data, si era paraltro notevolmente ridotto con la presenza di
quattro soli allevatori dai 42 dell'anno precedente.
La produzione della seta in ambito locale seguì la tendenza generale delle
campagne lombarde. L'Ottocento segnò una svolta in tale attività produttiva;
l'andamento negativo dei raccolti e della produzione dei bozzoli falcidiata
dal diffondersi delle malattie determinò l'esigenza di una razionalizzazione
delle colture e dell'adozione di tecnologie più avanzate. I piccoli opifici
condotti in modo dilettantistico si ridussero a vantaggio di grandi filande
a vapore e di filatoi capaci di superare, grazie ai rapidi progressi della
tecnica, la negativa fase congiunturale.