Le proprietà
Prima di passare ad esaminare in modo dettagliato le singole proprietà,
è necessario tracciare il quadro dell'insieme del territorio di
Carugate in relazione all'estensione delle proprietà ed al livello
sociale degli intestatari. Per quanto attiene le proprietà, queste
sono state suddivise in grandissime (oltre i 200 ettari), grandi (da 40 a
200 ettari), medie (da 5 a 40 ettari) e piccole (sino a 5 ettari).
Nel territorio di Carugate non erano presenti, sia nel Settecento che
nell'Ottocento, grandissime proprietà nel 1722 il numero totale delle
proprietà era 29 di cui le tre grandi erano intestate alla contessa
Anna Besozzi (2715 pertiche), a Ludovico Gallerani (1216 pertiche) e ad
Ambrogio Maria d'Agradi (839 pertiche). Tali proprietà costituivano
il 10,34% del totale rispetto alle 13 proprietà medie e alle 13
piccole.
Nel 1751 le proprietà risultano numericamente calate, da 29 a 19.
Ancora tre grandi (15,8%) intestate al conte Francesco Besozzi, che
erediterà il patrimonio della madre incrementadolo da 2715 a 2792
pertiche, a don Alfonso Caimo (1295 pertiche) ed ai fratelli Antonio e
Luigi d'Agradi, anch'essi proprietari per eredità familiare. Scendono
invece le medie e piccole proprietà, da 13 a 8.
Il secolo successivo non vede al proposito una grande evoluzione; dai dati
del 1866-72 il numero delle proprietà risulta essere 28 di cui
nessuna grandissima e quattro grandi (14,3%) con una notevole modificazione
sia delle intestazioni che dell'estensione. La proprietà maggiore, 926
pertiche, era della contessa Teresa Vigoni vedova Della Somaglia seguita dal
nobile Benigno Giulini (812 pertiche), da Francesco Besana (507 pertiche) ed
infine dal nobile Carlo Ghirlanda Silva (497 pertiche).
Di particolare interesse sono i dati relativi al livello sociale dei
proprietari in Carugate e alle loro variazioni nel corso dei due secoli. Nel
1722 le famiglie nobili erano cinque, pari al 17,24%, e saliranno a sei nel
1751 con una percentuale piuttosto elevata, il 31,58% dei proprietari.
Anche l'estensione dei terreni di loro appartenenza è indicativa:
erano intestati all'aristocrazia il 38,1% dei terreni posti sul territorio
in oggetto per un totale di 3002 pertiche che passeranno, nel 1751, a 4629
con una percentuale del 58,79%. Il fenomeno si stabilizzerà il
secolo successivo; negli anni 1866-72 il 43,79% dei terreni, per un totale di
2236 pertiche, risulta intestato alla classe nobiliare. Pressochè
costante rimane il livello medio di terreni pro capite: intestati alla
aristocrazia risultano 600 pertiche nel 1722, 771 nel 1751, 745 nella
seconda metà dell'Ottocento, ma varia in modo consistente il numero
dei nobili, solo tre su 28 pari al 10,7% dei proprietari.
I possidenti non nobili erano 21 nel 1722, pari al 72,41%; e scesero al
52,63% nel 1751 a favore di nobiltà e clero. Sarà solo nel
secolo successivo che si registrerà la netta ascesa della
borghesia ai vertici del potere economico, e quindi anche fondiario,
seguendo una tendenza peraltro generale. Tali possidenti costituivano nel
1866 il 78,6% con una consistenza patrimoniale pro capite di 113 pertiche,
notevolmente inferiore alle 224 del 1722 e 308 del 1751 con un frazionamento
della proprietà fondiaria che andrà in seguito ulteriormente
accentuandosi. Risultano quindi intestati alla borghesia il 59,8% dei
terreni nel 1722, peraltro suddivisi tra 21 proprietari, che scendono al
39,14% nel 1754 e si stabilizzeranno sul 48,74% alla metà
dell'Ottocento, 2488 pertiche per 22 proprietari.
Assolutamente irrilevante agli effetti della proprietà fondiaria in
Carugate risutla la presenza del clero intestatario del 2% dei terreni nel
Settecento (54,3 pertiche pro capite) e del 7,47 nell'Ottocento (381,62
pertiche pro capite). Tali dati, pur riferiti al territorio di Carugate,
sono emblematici di alcune tendenze generali strettamente connesse ad
avvenimenti storici e politici dell'intero Stato di Milano. L'assetto della
proprietà si mantenne sostanzialmente stabile nel corso del
Settecento a livello generale ed il fenomeno si riscontra anche in Carugate.
L'elaborazione dei dati in relazione alla composizione sociale del territorio
evidenzia un consistente aumento delle intestazioni nobiliari tra il 1722 e
il 1751 forse riferibile alla disponibilità del governo austriaco
ad attribuire, avendone i requisiti, titoli nobiliari. Fu solo nell'ultimo
ventennio del Settecento e nei primi anni del secolo successivo che la
struttura della proprietà mutò radicalmente grazie ad alcuni
interventi pubblici quali l'abolizione degli istituti del fedecommesso e
della manomorta e la soppressione di molte comunità religiose.
Notevole fu la conseguente reimissione sul mercato di terreni ed immobili,
da cui si è precedentemente accennato.